Quando nel lontano 2002 il fondatore di Cab Log, Bruno Bortolato, andò per la prima volta in Africa - e più precisamente nel villaggio di Kibokoni, a Malindi, sulla costa del Kenya – non pensava che quello che inizialmente gli era sembrato un sogno potesse diventare un progetto. Ma del resto funziona così: si immagina, si pianifica. Si crea. Il “papà” di Cab Log si era innamorato da subito di quella “terra rossa”, della cultura keniota e delle persone che ballavano attorno al fuoco per ringraziare la natura, che sorridevano alla vita anche se la vita era stata così poco clemente con loro, o quantomeno è quello che noi occidentali pensiamo secondo i nostri standard. Aveva visitato i villaggi Masai, le capanne arredate internamente con oggetti artigianali realizzati a mano. Le foreste di baobab e le mangrovie. Era rimasto affascinato - e un po’ spiazzato - dagli sguardi dei più piccoli. Dagli occhi grandi e scuri, pieni di speranza. E poi si era fermato all’acqua. Aveva guardato i talloni magri e consumati delle donne e dei bambini, che ogni giorno si allontanavano anche otto, dieci chilometri da casa con le taniche in testa per andare a prendere l’acqua potabile. Il portamento eretto e fiero. I passi lenti, di un tempo che non corre. Possibile che un bene tanto prezioso, che in una parte del mondo più fortunata viene dato per scontato, lì non ci fosse?
Il problema non è il fatto che in Africa manchi l’acqua. L’Africa ha la potenzialità di avere acqua, ma la difficoltà ad accedere ai bacini. Il primo pozzo finanziato da Cab Log in Mozambico è nato da una presa di consapevolezza. La grande carenza di risorse idriche riguarda tutte le popolazioni del continente africano, da Nord a Sud. Somalia, Etiopia, Sud Sudan, il bacino del Lago Ciad. Luoghi distrutti dalla siccità la cui situazione peggiora di anno in anno a causa del surriscaldamento globale. Il Mozambico si estende per 799.380 km²: una superficie grande due volte e mezzo l'Italia. E ha una popolazione di 32 milioni di abitanti (destinata a crescere), di cui 1,5 milioni sono bambini. Il sistema di approvvigionamento del Paese fino a non molto tempo fa proveniva da un'unica fonte di acqua superficiale, la diga di Pequenos Libombos, costruita sul fiume Umbeluzi a venticinque chilometri a Sud di Maputo, la capitale. Oggi, grazie a finanziamenti che hanno permesso di scavare pozzi, installare pompe a energia solare e costruire nuovi serbatoi, fortunatamente non è più così. Molte persone possono usufruire di acqua potabile: una ricchezza essenziale per la salute (nel 2022 soltanto in Somalia sono morte 43.000 persone a causa della siccità), ma anche per lo sviluppo socio-economico del territorio, dal momento che l'acqua consente l'irrigazione dei campi e offre quindi la possibilità di praticare l'agricoltura e l'allevamento del bestiame (sostentamento dell’80% delle famiglie africane).
Per spostarsi e raggiungere questi pozzi però, possono volerci anche parecchie ore di viaggio; mamma Africa è enorme. Le uniche auto che si incontrano lungo la strada di un villaggio africano sono grossi fuoristrada, pulmini di turisti o corriere stracariche di chi trasporta galline, prodotti dell’orto e manufatti da una cittadina all’altra. Tutti gli altri si muovono a piedi. Percorrono chilometri e chilometri, spesso sotto un sole cocente, per arrivare all’acqua. Bruno aveva visto questa gente coi propri occhi. Aveva desiderato di fare qualcosa, di portare un cambiamento tangibile. Il Kenya lo aveva scosso, gli aveva lasciato un sentimento dentro che a parole non è mai riuscito veramente ad esprimere. Nel 2008, in accordo con i quattro figli presenti in azienda, Cab Log ha donato i primi fondi per la realizzazione di un pozzo presso il centro rifugiati di NAMPULA (Mozambico). Ma Bruno sapeva che questo non sarebbe bastato. Voleva fare di più, allora è nata l’idea di inviare una perforatrice in loco per addestrare operatori locali a scavare pozzi autonomamente. Nel 2018, esattamente dieci anni dopo e sei anni dopo la sua morte, i figli hanno mandato in Africa un camion con una perforatrice idraulica a bordo. Regalo quest’ultima, di un'azienda di Castello di Godego in provincia di Treviso, specializzata nella produzione di macchine per perforazioni: la Comacchio Drilling S.r.l. Già, perché per trovare acqua, è necessario scavare a una profondità di almeno 50 metri.
Ma in Africa le distanze da percorrere sono immense (200/300 km da una località all’altra). E le strade sono davvero impraticabili, soprattutto dopo la stagione delle piogge. Tanto che nel giro di due anni il primo camion ha cominciato a subire i segni del tempo. Per questo nel 2020 Cab Log ha deciso di inviare un secondo camion: un mezzo molto più robusto, dotato della doppia trazione (indispensabile per lavorare su quei tipi di terreni aridi) e corredato di un nuovo rimorchio a 3 assi più idoneo a trasportare la pesante perforatrice lungo le vie costantemente compromesse dalle precipitazioni intense.
Quel camion è ancora lì, e il vero viaggio è cominciato in questo modo. Anche grazie all’impulso della Onlus Amici per l’Africa, con cui Cab Log collabora da anni. Dal 2018 ad oggi sono stati costruiti in Mozambico 28 pozzi. Numeri e dati parlano da soli. Ogni pozzo, se viene realizzato da un’azienda locale africana, richiede almeno 9.000 euro. Con la metà di questi soldi – dai 4.000 ai 4.500 euro – Cab Log riesce ad operare perché possiede già la macchina e tutte le attrezzature necessarie: basti pensare che solo una perforatrice costa in genere sui 150.000 euro. Il resto viene utilizzato per stipendiare i lavoratori, acquistare materiali e garantire il successo di tutte le operazioni.
L’idea non è solo quella di costruire. Non si tratta soltanto di inviare camion con perforatrici per scavare pozzi. Né di raccogliere denaro: la causa va oltre qualsiasi valore monetario. È l'essenza di Cab Log: la formazione, la dignità, il lavoro. La motivazione forte di far progredire un progetto vitale che riguarda l’Africa ma riguarda anche noi come umanità, perché migliorare le condizioni di vita di queste comunità è un imperativo etico. Tramite uno staff dedicato si formano persone locali, trasmettendo conoscenza e competenze affinché possano prendere in mano il proprio futuro. Dei 28 pozzi, 7 sono stati realizzati in totale autonomia da una squadra di 5 mozambicani, mentre il team italiano si trovava a migliaia di chilometri di distanza e monitorava i lavori via WhatsApp e Skype. I pozzi vengono fatti 5 mesi all’anno, prima della stagione delle piogge.
La sfida però non deve fermarsi. L’acqua è un bisogno primario, una risorsa preziosa a cui ognuno ha il diritto di accedere. La desertificazione si è portata via tutto. E la mancanza di aiuti concreti impedisce di sfruttare con criterio un bene che c’è. Ogni piccolo gesto può essere di grande supporto. Le donazioni per finanziare il progetto pozzi di Cab Log sono libere e possono essere fatte da chiunque: aziende e privati. Su ogni pozzo c’è un’identità. Ogni fase del progetto può essere toccata con mano attraverso l’interazione con Cab Log e non ci sono intermediari: i fondi - senza un solo centesimo in meno - finiscono nel posto giusto. Questo perché Cab Log crede immensamente che sia non solo possibile, ma necessario immaginare un futuro diverso per la popolazione africana. E ci crede anche tramite eventi aziendali che vengono trasformati in opportunità per coinvolgere i dipendenti e supportare iniziative di economia sociale, canalizzando le risorse verso la “terra rossa”. Un passo alla volta. Un pozzo alla volta. Un sorriso alla volta. È lo stesso sogno di Bruno.
Quando nel lontano 2002 il fondatore di Cab Log, Bruno Bortolato, andò per la prima volta in Africa - e più precisamente nel villaggio di Kibokoni, a Malindi, sulla costa del Kenya – non pensava che quello che inizialmente gli era sembrato un sogno potesse diventare un progetto. Ma del resto funziona così: si immagina, si pianifica. Si crea. Il “papà” di Cab Log si era innamorato da subito di quella “terra rossa”, della cultura keniota e delle persone che ballavano attorno al fuoco per ringraziare la natura, che sorridevano alla vita anche se la vita era stata così poco clemente con loro, o quantomeno è quello che noi occidentali pensiamo secondo i nostri standard. Aveva visitato i villaggi Masai, le capanne arredate internamente con oggetti artigianali realizzati a mano. Le foreste di baobab e le mangrovie. Era rimasto affascinato - e un po’ spiazzato - dagli sguardi dei più piccoli. Dagli occhi grandi e scuri, pieni di speranza. E poi si era fermato all’acqua. Aveva guardato i talloni magri e consumati delle donne e dei bambini, che ogni giorno si allontanavano anche otto, dieci chilometri da casa con le taniche in testa per andare a prendere l’acqua potabile. Il portamento eretto e fiero. I passi lenti, di un tempo che non corre. Possibile che un bene tanto prezioso, che in una parte del mondo più fortunata viene dato per scontato, lì non ci fosse?
Il problema non è il fatto che in Africa manchi l’acqua. L’Africa ha la potenzialità di avere acqua, ma la difficoltà ad accedere ai bacini. Il primo pozzo finanziato da Cab Log in Mozambico è nato da una presa di consapevolezza. La grande carenza di risorse idriche riguarda tutte le popolazioni del continente africano, da Nord a Sud. Somalia, Etiopia, Sud Sudan, il bacino del Lago Ciad. Luoghi distrutti dalla siccità la cui situazione peggiora di anno in anno a causa del surriscaldamento globale. Il Mozambico si estende per 799.380 km²: una superficie grande due volte e mezzo l'Italia. E ha una popolazione di 32 milioni di abitanti (destinata a crescere), di cui 1,5 milioni sono bambini. Il sistema di approvvigionamento del Paese fino a non molto tempo fa proveniva da un'unica fonte di acqua superficiale, la diga di Pequenos Libombos, costruita sul fiume Umbeluzi a venticinque chilometri a Sud di Maputo, la capitale. Oggi, grazie a finanziamenti che hanno permesso di scavare pozzi, installare pompe a energia solare e costruire nuovi serbatoi, fortunatamente non è più così. Molte persone possono usufruire di acqua potabile: una ricchezza essenziale per la salute (nel 2022 soltanto in Somalia sono morte 43.000 persone a causa della siccità), ma anche per lo sviluppo socio-economico del territorio, dal momento che l'acqua consente l'irrigazione dei campi e offre quindi la possibilità di praticare l'agricoltura e l'allevamento del bestiame (sostentamento dell’80% delle famiglie africane).
Per spostarsi e raggiungere questi pozzi però, possono volerci anche parecchie ore di viaggio; mamma Africa è enorme. Le uniche auto che si incontrano lungo la strada di un villaggio africano sono grossi fuoristrada, pulmini di turisti o corriere stracariche di chi trasporta galline, prodotti dell’orto e manufatti da una cittadina all’altra. Tutti gli altri si muovono a piedi. Percorrono chilometri e chilometri, spesso sotto un sole cocente, per arrivare all’acqua. Bruno aveva visto questa gente coi propri occhi. Aveva desiderato di fare qualcosa, di portare un cambiamento tangibile. Il Kenya lo aveva scosso, gli aveva lasciato un sentimento dentro che a parole non è mai riuscito veramente ad esprimere. Nel 2008, in accordo con i quattro figli presenti in azienda, Cab Log ha donato i primi fondi per la realizzazione di un pozzo presso il centro rifugiati di NAMPULA (Mozambico). Ma Bruno sapeva che questo non sarebbe bastato. Voleva fare di più, allora è nata l’idea di inviare una perforatrice in loco per addestrare operatori locali a scavare pozzi autonomamente. Nel 2018, esattamente dieci anni dopo e sei anni dopo la sua morte, i figli hanno mandato in Africa un camion con una perforatrice idraulica a bordo. Regalo quest’ultima, di un'azienda di Castello di Godego in provincia di Treviso, specializzata nella produzione di macchine per perforazioni: la Comacchio Drilling S.r.l. Già, perché per trovare acqua, è necessario scavare a una profondità di almeno 50 metri.
Ma in Africa le distanze da percorrere sono immense (200/300 km da una località all’altra). E le strade sono davvero impraticabili, soprattutto dopo la stagione delle piogge. Tanto che nel giro di due anni il primo camion ha cominciato a subire i segni del tempo. Per questo nel 2020 Cab Log ha deciso di inviare un secondo camion: un mezzo molto più robusto, dotato della doppia trazione (indispensabile per lavorare su quei tipi di terreni aridi) e corredato di un nuovo rimorchio a 3 assi più idoneo a trasportare la pesante perforatrice lungo le vie costantemente compromesse dalle precipitazioni intense.
Quel camion è ancora lì, e il vero viaggio è cominciato in questo modo. Anche grazie all’impulso della Onlus Amici per l’Africa, con cui Cab Log collabora da anni. Dal 2018 ad oggi sono stati costruiti in Mozambico 28 pozzi. Numeri e dati parlano da soli. Ogni pozzo, se viene realizzato da un’azienda locale africana, richiede almeno 9.000 euro. Con la metà di questi soldi – dai 4.000 ai 4.500 euro – Cab Log riesce ad operare perché possiede già la macchina e tutte le attrezzature necessarie: basti pensare che solo una perforatrice costa in genere sui 150.000 euro. Il resto viene utilizzato per stipendiare i lavoratori, acquistare materiali e garantire il successo di tutte le operazioni.
L’idea non è solo quella di costruire. Non si tratta soltanto di inviare camion con perforatrici per scavare pozzi. Né di raccogliere denaro: la causa va oltre qualsiasi valore monetario. È l'essenza di Cab Log: la formazione, la dignità, il lavoro. La motivazione forte di far progredire un progetto vitale che riguarda l’Africa ma riguarda anche noi come umanità, perché migliorare le condizioni di vita di queste comunità è un imperativo etico. Tramite uno staff dedicato si formano persone locali, trasmettendo conoscenza e competenze affinché possano prendere in mano il proprio futuro. Dei 28 pozzi, 7 sono stati realizzati in totale autonomia da una squadra di 5 mozambicani, mentre il team italiano si trovava a migliaia di chilometri di distanza e monitorava i lavori via WhatsApp e Skype. I pozzi vengono fatti 5 mesi all’anno, prima della stagione delle piogge.
La sfida però non deve fermarsi. L’acqua è un bisogno primario, una risorsa preziosa a cui ognuno ha il diritto di accedere. La desertificazione si è portata via tutto. E la mancanza di aiuti concreti impedisce di sfruttare con criterio un bene che c’è. Ogni piccolo gesto può essere di grande supporto. Le donazioni per finanziare il progetto pozzi di Cab Log sono libere e possono essere fatte da chiunque: aziende e privati. Su ogni pozzo c’è un’identità. Ogni fase del progetto può essere toccata con mano attraverso l’interazione con Cab Log e non ci sono intermediari: i fondi - senza un solo centesimo in meno - finiscono nel posto giusto. Questo perché Cab Log crede immensamente che sia non solo possibile, ma necessario immaginare un futuro diverso per la popolazione africana. E ci crede anche tramite eventi aziendali che vengono trasformati in opportunità per coinvolgere i dipendenti e supportare iniziative di economia sociale, canalizzando le risorse verso la “terra rossa”. Un passo alla volta. Un pozzo alla volta. Un sorriso alla volta. È lo stesso sogno di Bruno.